LE LINEE SOTTILI
Personale di Alberto Selvestrel
“The New Generation Project / Giovani Artisti al Museo”
28 gennaio 2017 h. 17.30
Pinacoteca Civica CAMO (CN) Piazza Municipio 1
I mesi prima di una mostra pongo delle domande agli artisti invitati. Mi serve per avvicinarmi cautamente alla tematica che tratteremo o per conoscere meglio l’artista con cui andrò a condividere, quasi sempre, un lungo percorso di scambi emotivi. E’ un procedimento di lavoro molto aperto e nello tempo molto preciso. Anche perché so sempre esattamente cosa cerco e, in virtù del fatto che invito artisti scegliendoli con la mia sensibilità e non con la testa, le domande sono sempre volutamente dirette. E nonostante il mio essere grossolano le risposte che ottengo non sono mai banali.
Ciò che mi ha stupito di Alberto è la sua abilità a portare alla luce le cose semplici. Mai una parola in più, fuori posto. Una pazienza quasi antica la sua. Come quella che impiega nei suoi scatti. Le cose più belle sono nella maggior parte dei casi completamente nascoste, mi dice. E lui queste cose le prende, le cura e le fa crescere.
Questo uno dei motivi per cui mi è piaciuto lavorare con Alberto. Artista timido, con un pudore d’altri tempi. Un ragazzo che bussa prima di entrare e poi chiede permesso. Anche perché chi cerca solo di esibirsi, a Camo, è fuori posto.
Al di là di questa premessa le foto di Alberto sono semplicemente belle. Semplici sì, nello scatto e nei temi trattati. Ma le cose semplici sono le più difficile da fare. Alberto coglie la luce in un modo tutto suo. Il colore che si fa orizzonte tra due spazi ben marcati (trampolini, lampioni, sbarre) quasi a cercare una geometria esistenziale. Lo stato di sospensione poi che si percepisce in ogni scatto ti trascina in una visione estatica.
Nelle sue opere Alberto si lascia condurre nella non delimitazione del reale, in una frazione del tempo in cui è in atto una rarefazione dello spazio. Alberto ci invita a vederci qualcos’altro, il resto del visibile, richiamando l’assenza dei limiti, ovvero un altro aspetto della realtà, in poche parole ciò che non può essere delimitato. Alberto fotografa come se volesse cancellare qualcosa.
Elimina il superfluo. Coglie l’essenziale. Le linee sottili che a volte non notiamo.
Chiama a sé l’assenza che ci circonda, eludendo ogni idea di completezza o di finito, ma ci indica qualcosa che non può essere delimitato, che va oltre le nostre percezioni. Alberto ci porta ad immergerci in una realtà presente, quella di tutti i giorni, quella che ha volte diamo per scontata. D’impatto vivi un’esperienza di spaesamento poi lentamente vieni risucchiato da questi luoghi che lentamente ti risultano sempre più cari e riconoscibili. E a quel punto svaniscono i confini, ciò che il tuo occhio aveva delimitato (inconsciamente) riemerge fino a portarti ad una contemplazione più ampia.
Più volte si ha la sensazione di uscire da se stessi per entrare in un mondo celato, come quella sensazione che ti lascia una gita fuori porta in un giorno feriale. Come un senso di colpa. Come quando si arrossisce per un complimento.
In questi paesaggi metafisici che sembrano dimenticati si può percepire poi la memoria di chi quei luoghi li ha vissuti.
La sacralità di alcuni scatti echeggiano un senso di gioia e di appartenenza ai luoghi d’ infanzia, alle piccole cose, a storie marginali.
Storie di tutti i giorni. I nostri.
curatela / Claudio Lorenzoni /
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