Free solo

Free Solo – L’arte di scalare a mani nude 

In un passaggio del film “Free Solo” il protagonista Alex Honnold, prima di scalare a mani nude il muro del El Capitan, 900 metri in verticale, si sottopone a un test neurologico dal quale emerge che nel suo cervello l’amigdala tende a non reagire agli stimoli esterni come quella delle altre persone, motivo per cui riesce a mantenere una calma e una concentrazione estreme anche quando è letteralmente appeso con un pollice nel vuoto.

Più volte durante i miei allenamenti mi sono chiesto se sia necessario portare il corpo oltre certi limiti, talvolta quasi alla soglia della “caduta” per sempre. 

Nella corsa fortunatamente non si raggiungono questi livelli di pericolosità, quindi nulla di paragonabile tra la scalata di Alex, le mie e – se mi permettete di includere tutti i runner ossessivi – le nostre performance podistiche. 

Tuttavia credo che spingere il proprio corpo, e ovviamente la propria mente, non solo in competizione, al massimo dello sforzo, oltre il limite della sopportazione del dolore, al di là dell’esaltazione delle proprie capacità debba portarci a interrogarci sulla legittimità nel farlo. 

Alex Honnold è un po’ tutti noi runner ossessivi, vittime della nostra maniacalità, iper concentrati sugli obiettivi da centrare e consapevoli che così facendo andremo a escludere tutto quello che abbiamo intorno, persino quello che ci rende speciali.

Probabilmente noi podisti compulsivi abbiamo tutti un’amigdala più grande della norma a cui serve uno stimolo sempre più grande per dare il meglio di noi. 

Verosimilmente le cose che normalmente sono stimolanti per la maggior parte delle persone non lo sono per noi.

Quante volte abbiamo pensato di aver consumato la nostra capacità di provare paura per i troppi chilometri passati sotto pressione?

Forse corriamo così tanto per una forte nostalgia che ci portiamo dentro da generazioni. Ma la nostalgia, si sa, è un dolore che passa. E forse proprio correndo cerchiamo di scacciarla. 

Oppure corriamo così tanto perché siamo degli anaffettivi nati il cui unico scopo nella vita è “la performance” o “nella performance”.

Anche perché – ammettiamolo – quante volte ci siamo detti che chiunque può essere felice e comodo ma difficilmente un uomo felice e comodo può fare qualcosa di buono?

Buon Free solo a tutti!

Claudio Lorenzoni

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